definición y significado de Scuola | sensagent.com


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Definición y significado de Scuola

Definición

scuola (n.f.)

1.Da utilizzare per ogni attività collettiva intesa a garantire una migliore giustizia sociale o a rafforzare la solidarietà o la partecipazione sociale.

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Definición (más)

definición de Scuola (Wikipedia)

Sinónimos

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Ver también

Frases

(apparecchio scuola) • (diploma di scuola secondaria di livello inferiore) • (giorni di scuola) • (il marinare la scuola) • (scolaro che marina la scuola) • (scuola di secondo grado) • (scuola preparatoria all'università) • (scuola preparatoria alla scuola secondaria superiore) • andare a scuola • certificato di scuola professionale • che marina la scuola • compagna di scuola • compagno di scuola • cortile di una scuola • di scuola • diploma di scuola superiore • essere trattenuto a scuola • festa di scuola • frequentare la scuola • giorno di scuola • giorno di scuola* • maestra di scuola materna • marinare la scuola • marinare la scuola* • ore di scuola • rapporto scuola-industria • rapporto scuola-vita professionale • scolaro che marina la scuola • scuola 'preparatoria' • scuola all'estero • scuola confessionale • scuola d'arte • scuola d'equitazione • scuola d'equitazione* • scuola di canto • scuola di equitazione • scuola di guida • scuola di guida automobilistica • scuola di maneggio • scuola di pensiero • scuola di perfezionamento • scuola di secondo grado • scuola diurna • scuola elementare • scuola elementare* • scuola europea • scuola gratuita • scuola internazionale • scuola materna • scuola materna* • scuola media • scuola musicale • scuola nazionale • scuola normale • scuola per corrispondenza • scuola primaria • scuola professionale • scuola pubblica • scuola secondaria • scuola secondaria* • scuola senza mensa • scuola serale • scuola superiore • scuola superiore unificata • scuola superiore unificata* • scuola tecnica

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Diccionario analógico

scuola (n.)











Wikipedia

Scuola

                   
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  Una classe in Sud Africa
  Una classe di bambini della scuola di Bamozai, un villaggio nelle vicinanze di Gardez (provincia di Paktia, Afghanistan). Nel villaggio non esiste un edificio scolastico e le lezioni vengono tenute all'aperto, all'ombra di un frutteto
« La scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l'acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica. »

Una scuola è un nome generico che indica un'istituzione destinata all'educazione e all'istruzione di studenti e allievi sotto la guida di varie tipologie di figure professionali appartenenti al settore dei lavoratori della conoscenza. Questi ultimi, tenendo conto di un definito contesto di partenza e delle finalità proprie dell'istituzione educativa, redigono ed applicano un progetto educativo che, avvalendosi di appropriate metodologie didattiche, si propone di raggiungere gli obbiettivi educativi previsti sviluppandosi secondo una precisa scansione temporale. Ciò al fine di soddisfare i bisogni educativi dell'utenza.[1]

La maggior parte dei paesi hanno sistemi di educazione formale generalmente obbligatori (obbligo formativo) nei quali gli studenti progrediscono attraverso la frequenza di varie tipologie di scuole. I nomi di queste ultime variano da paese a paese ma comprendono generalmente: 1)la scuola elementare per l'educazione primaria dei bambini[2] e 2)la scuola secondaria per l'educazione secondaria dei ragazzi che hanno completato l'educazione primaria[3]. L'istituzione che affronta l'educazione superiore, è comunemente chiamata università[4].

Indice

  Etimologia

Il termine scuola deriva dalla parola latina schola, derivato a sua volta dal greco antico σχολεῖον (scholeion), da σχολή (scholḗ). Il termine greco significava inizialmente "tempo libero", per poi evolversi: da "tempo libero" è passato a descrivere il "luogo in cui veniva speso il tempo libero", cioè il luogo in cui si tenevano discussioni filosofiche o scientifiche durante il tempo libero, per poi descrivere il "luogo di lettura", fino a descrivere il luogo d'istruzione per eccellenza.[5]

  Storia

  La scuola presso gli Egizi

La scuola egiziana fu fondata verso il 2000 a.C. con lo scopo di formare giovani esperti da destinare alle funzioni amministrative dello Stato.Era una scuola rigida e poco permissiva,spesso venivano inflitte punizioni corporali.Le lezioni si svolgevano di solito all'aperto, dove gli alunni si accovacciavano su stuoie intrecciate, muniti di pennelli o cannucce e di cocci di terracotta sui quali scrivevano. Allo studio delle lettere erano ritenuti funzionali l'esercizio ripetuto della ricopiatura e della dettatura. Il giovane che voleva avere accesso ai più alti gradi dell'amministrazione doveva conoscere almeno una lingua straniera, così come chi voleva intraprendere con successo la carriera diplomatica doveva conoscere il babilonese. Importante era anche la preparazione fisica, curata mediante esercizi ginnici.

  La scuola presso i popoli mesopotamici

I Sumeri fin dal IV millennio a.C. avevano scuole per gli scribi, simili a quelle egizie, tanto che sono stati rinvenuti nel corso degli scavi archeologici in Iraq sillabari e testi scolastici. Dopo l'assorbimento di questa popolazione da parte dei Babilonesi, il sistema scolastico venne mantenuto fondamentalmente tale e quale.

I programmi consistevano in nozioni di religione, grammatica, aritmetica, storia, geografia e contabilità: insomma l'istruzione era soprattutto tecnica e pratica.

  La scuola presso i Persiani

La prima istruzione presso i Persiani era data dalla famiglia stessa,i bambini fino all'età di 5 anni non erano ammessi alla presenza dei padri,fino ad allora vivevano con le donne; in seguito il ragazzo, all'età di 7 anni, veniva affidato dallo Stato all'educazione di "uomini gravi e irreprensibili" che fino ai 15 anni gli impartivano un'educazione soprattutto di carattere fisico (corsa, equitazione, tiro con l'arco, tiro del giavellotto, capacità di adattamento), ma si insegnava anche la scrittura,la matematica, l'astronomia e si leggeva la Zend-Avesta (ovvero l'edizione dell'Avesta, libro sacro zoroastriano, commentata).

All'età di 14 anni i giovani persiani venivano affidati a 4 illustri insegnanti Persiani,chiamati rispettivamente il "saggio", "più giusto", "più temperato" e "coraggioso",che li istruivano rispettivamente al: culto degli dei, al saper governare, alla temperanza, e al coraggio. Alcuni insegnanti non erano Achemenidi,infatti si impartivano lezioni di Aramaico(lingua molto diffusa in Oriente a quel tempo) da scribi stranieri della cancelleria dello stato.

Dai 15 ai 25 anni l'educazione era invece prettamente militare, e al termine si riceveva la cintura della virilità e si doveva giurare fedeltà all'Impero e a Zoroastro. All'età di 50 anni infine, i migliori tra i soldati e gli uomini persiani potevano diventare educatori dei giovani. La maggior parte dei nobili e altolocati funzionari persiani civile sapevano leggere e scrivere.

Chiaramente, oltre a una guida etica, l'obiettivo dell'educazione persiana era quella di produrre soldati efficienti. Questa conclusione è confermata dal'iscrizione sulla tomba di Dario il Grande: "Io sono addestrato sia con le mani che con i piedi. Come un cavaliere, io sono un bravo cavaliere. Come un arciere, Io sono un buon arciere sia a piedi che a cavallo.Come un Lanciere,io sono un bravo lanciere sia a piedi che a cavallo".

  La scuola presso gli Ebrei

Fino al VI secolo a.C., cioè fino all'esilio babilonese, in Israele esistevano solo scuole profetiche, o scuole superiori di Sacra Scrittura: cui gli alunni, destinati al sacerdozio, vivevano in comunità studiando i testi sacri e la religione.

Solo con Esdra, nel V secolo a.C., vennero istituite le prime scuole pubbliche religiose, e in seguito le scuole elementari. La diffusione di queste scuole procedé lentamente in tutte le località d'Israele, finché nel 64 d.C. un decreto non obbligò tutte le città e i paesi a fornirsi di una propria scuola elementare, pena la scomunica. Nel frattempo vennero incentivate anche le scuole private.

Il sistema scolastico ebraico era molto preciso ed evoluto, e si articolava su tre livelli:

  • la Mikrah (7-10 anni): qui si imparavano i fondamenti dell'ebraico e del caldeo, con la lettura e la scrittura;
  • la Mishnah (10-15 anni): qui si studiavano le leggi della Bibbia, che prevedeva ogni forma di diritto anche civile e penale, oltre che religioso;
  • la Guemara (15-18 anni): qui si rivedeva il diritto e si studiavano nozioni di scienza naturale, anatomia, medicina, geometria, astronomia.

La scelta dei maestri era curata, ed i requisiti per gli educatori erano l'affabilità e la piacevolezza; addirittura era stabilito che se una classe aveva fino a 25 alunni bastava un maestro, ma se gli alunni erano fino a 40 servivano due maestri.

  La scuola presso i Greci

Fin dal 1700-1400 a.C. ci sono prove dell'esistenza di una scuola per funzionari in età minoica e micenea: difatti la grande quantità di documenti deve essere stata scritta da persone istruite in qualche posto. ma non ci sono prove sull'esistenza di una qualsiasi scuola.

La scuola presso i Greci, in età classica, assume vari ordinamenti in base alla polis che si analizza. I principali ordinamenti scolastici sono quelli di Sparta e di Atene. Nella Grecia antica la scuola era più che altro una comunità di filosofi che vivevano insieme condividendo per l'appunto il pensiero filosofico. Ricordiamo che la filosofia nasce in Grecia.

  La scuola a Sparta

Inizialmente il ragazzo era educato dalla famiglia; all'età di 7 anni lo Stato lo arruolava e lo poneva sotto la custodia di un educatore, che ne portava la responsabilità fino a quando il ragazzo compieva 12 anni. In questo periodo i ragazzi erano raggruppati in reparti comandati da ventenni esperti e sottodivisi in sotto-reparti, questi ultimi capeggiati da un ragazzo meritevole. L'educazione era soprattutto fisica e militare: pochissime erano le nozioni letterarie, quasi tutte composte da poesie omeriche o patriottiche.

Dai 12 ai 18 anni ogni ragazzo riceveva la peculiare educazione spartana.

Nell'antica Sparta lo scopo dell'educazione giovanile era di creare i presupposti per un esercito forte, in grado di provvedere alla difesa dello Stato. Gli Spartani credevano nella disciplina, nell'abnegazione, nella semplicità e nella più totale fedeltà allo Stato. Ogni Spartano, maschio o femmina, era tenuto ad avere un corpo perfettamente integro. I neonati, infatti, venivano controllati dai soldati spartani, che, in presenza di malformazioni, li portavano sul monte Taigeto, dove li abbandonavano a morire e dove talvolta i bambini venivano raccolti da qualcuno dei Perieci o degli Iloti.

I bambini che passavano questo esame erano assegnati a una fratellanza o sorellanza, di solito la stessa a cui appartenevano il padre o la madre.

I ragazzi spartani erano affidati alla scuola militare all'età di 6-7 anni, dove si addestravano, vivendo negli alloggi della loro fratellanza. La scuola militare insegnava ai giovani a sopravvivere e ad essere grandi soldati, attraverso forme di apprendimento dure e spesso dolorose; benché agli studenti venisse insegnato a leggere e a scrivere, la capacità di difendere lo Stato con le armi era reputata prevalente su tutte le altre. Per questo, si insegnava ai giovani a provvedere da soli alle proprie necessità primarie e, nonostante il furto venisse punito, ai giovani si forniva talvolta un po' meno del minimo indispensabile, per stimolarli ad arrangiarsi ed anche a rubare per meglio sopravvivere: l'importante era non farsi cogliere sul fatto. I maschi spartani all'età di 18-20 anni dovevano superare una prova difficile di capacità di adattamento, abilità militare e abilità di comando. Ogni maschio spartano che non superava questi esami diventava un perioikos (ai perieci era permesso di avere proprietà, praticare il commercio, ma non di esercitare diritti politici, in quanto non erano considerati cittadini). Chi superava la prova, diventava cittadino e soldato, con pieni diritti.

Ai cittadini di Sparta non era permesso maneggiare i soldi, compito dei perieci. I soldati spartani trascorrevano la maggior parte della loro vita con i loro compagni d'armi. Mangiavano, dormivano e continuavano ad addestrarsi nei loro alloggi di fratellanza. Anche se si sposavano, non vivevano con le loro mogli e famiglie. Vivevano negli alloggi. Il servizio militare terminava all'età di 60 anni, quando un soldato di Sparta poteva andare in pensione e vivere in casa con la famiglia.

A Sparta le ragazze andavano a scuola all'età di 6-7 anni, vivendo e addestrandosi negli alloggi della loro sorellanza. Non si sa se la loro scuola fosse come crudele o dura come la scuola di ragazzi, ma anche alle ragazze venivano insegnate la lotta, la ginnastica e la capacità di combattere. Alcuni storici credono che le due scuole fossero molto simili e che si addestrassero le ragazze come i ragazzi. Gli Spartani credevano che donne forti avrebbero prodotto bambini forti. All'età di 18 anni, se una ragazza di Sparta superava le sue prove di adattamento, abilità e coraggio le veniva assegnato un marito e le era permesso di tornare a casa; se falliva perdeva i suoi diritti di cittadina e andava a far parte dei perieci. Ma mentre nelle altre città stato greche le donne erano costrette a vivere all'interno delle mura domestiche, senza ricevere alcuna specifica istruzione, a Sparta erano libere di muoversi e godevano di molta libertà.

Nessun capolavoro di arte o di architettura uscì da Sparta, ma gli Spartani ebbero una forza militare che terrorizzava i nemici.

  La scuola ad Atene

In Atene antica, lo scopo dell'educazione dei giovani era produrre cittadini addestrati nelle arti, preparare cittadini per la pace e la guerra. Le ragazze non andavano a scuola, ma molte imparavano a leggere e scrivere a casa, nel chiuso del loro cortile. Fino all'età di 6 o 7 anni, i ragazzi imparavano a casa dalla madre o da uno schiavo maschio. Dall'età di 6 anni fino ai 14 andavano ad una scuola elementare di quartiere o ad una scuola privata. I libri erano molto costosi e rari, così i pochi disponibili per la scuola erano letti ad alta voce e gli allievi dovevano imparare tutto a memoria. I ragazzi usavano tavolette di scrittura e regoli. Nella scuola elementare, dovevano imparare due cose importanti - i versi di Omero, il poeta dell'Iliade e dell'Odissea, suonare la lira, uno strumento musicale. Il loro insegnante che era sempre un uomo poteva scegliere liberamente le materie supplementari da insegnare. Spesso si sceglieva di insegnare teatro, retorica, politica, arte, lettura, scrittura, matematica, ed un altro strumento musicale molto popolare: il flauto. Dopo le elementari alcuni ragazzi seguivano corsi di studio superiori per quattro anni. Al compimento del 18º anno di età entravano nella scuola militare per altri due anni, a 20 anni conseguivano la laurea.

Accademia fu il nome con il quale fu conosciuta la scuola fondata da Platone ad Atene. La storia dell'Accademia comprende un arco di quasi nove secoli, dalla sua fondazione nel 387 a.C. alla sua chiusura, per opera di un editto dell'imperatore Giustiniano nel 529 d.C. Sebbene in questo periodo non sempre sia esistita una Accademia ad Atene - un lungo periodo di interruzione delle attività si ebbe nell'epoca immediatamente successiva alla conquista romana -, l'Accademia rappresentò per tutta l'età antica il simbolo della filosofia platonica e ancora Plutarco, in piena età imperiale, definiva sé stesso e i pensatori che come lui si rifacevano a Platone come "Accademici" (akademikoi).

  La scuola presso i Romani

Plutarco (filosofo e scrittore greco) afferma che la prima scuola pubblica a Roma fu aperta verso la metà del III secolo a.C. da Spurio Carvilio (console romano) ma altre testimonianze d'autore considerano la scuola un'istituzione molto più antica. L'antico costume romano affidava l'istruzione alla madre nella prima infanzia e in seguito al padre, il quale doveva anche trasmettere ai figli i valori religiosi, sociali e civili. In genere sin dalla fine della repubblica, la famiglia affidava i figli a un pedagogo privato (di solito greco) o li mandava a scuola. L'antico romano smetteva gli studi quando sapeva leggere, scrivere e far di conto; tra i 12 ed i 15 anni le ragazze smettevano di studiare, per sposarsi.

Negli ultimi anni della repubblica e durante l'impero l'istruzione del giovane passava per tre gradi: l'insegnamento del litterator e successivamente quello del grammatico costituivano il corso normale degli studi elementari e medi; seguiva la scuola del rhetor, che addestrava i giovani nell'eloquenza, non era molto frequentata.

Le lezioni elementari si facevano nella scuola del ludi magister, che per una modesta mercede insegnava a leggere e a scrivere. Il litterator insegnava a leggere e scrivere, imparati questi rudimenti si passava al perfezionamento di ciò che aveva imparato; a questo pensavano: il Librarius che si occupava di perfezionare il ragazzo nella lettura e nella scrittura, il calculator che insegnava le varie operazioni aritmetiche ed il notarius che insegnava a stenografare.

Terminati gli studi elementari cominciava sotto il grammaticus l'insegnamento medio. Anche questo secondo gli usi e le possibilità delle famiglie veniva impartito in casa o in una scuola pubblica tenuta da un privato. Le prime scuole pubbliche di grammatica furono aperte verso la metà del II secolo a.C. Nella scuola del grammaticus si imparavano la lingua e la letteratura greca e latina, studiandole soprattutto sui poeti, e un corredo di nozioni fondamentali di storia, geografia, fisica e astronomia. Nello studio dei testi lo scolaro imparava a ben pronunciare, a leggerli con sentimento, a chiarirne il contenuto e ad intenderne la metrica. Degli autori greci il più letto era Omero; fra quelli latini durante la repubblica, Orazio, Andronico ed Ennio. Il maestro obbligava gli scolari ad impararne dei passi a memoria e a farne delle esposizioni orali e scritte.

Il rethor era professore di eloquenza, il terzo grado dell'istruzione (ragazzi sui 16 o 17 anni), le prime scuole di retorica furono aperte nel II secolo a.C. Gli studenti apprendevano le tecniche dell'arte del dire (dicendi praecepta): l'inventio, cioè il trovare gli argomenti da esporre; l'elocutio, la scelta dei modi espressivi; la memoria, l'apprendimento a memoria della composizione; l'actio, la corretta maniera di presentare il discorso. Si esercitavano quindi ad applicare queste tecniche con esercizi scritti ed orali: consistevano in composizioni più varie di quelle assegnate dal grammaticus e graduate secondo la difficoltà, invece oralmente si facevano degli esercizi pratici dell'eloquenza cioè le suasoriae o controversiae. Le suasoriae erano monologhi nei quali noti personaggi della mitologia o della storia prima di prendere una grave decisione ne valutavano gli argomenti favorevoli e contrari; nelle controversiae si svolgeva un dibattito fra due scolari che sostenevano due tesi opposte. Alle esercitazioni davanti al retore poteva essere ammesso il pubblico anzitutto le famiglie degli scolari. Il completamento degli studi di retorica avveniva poi in Grecia, soprattutto ad Atene e a Rodi, dove si trovavano anche scuole famose di filosofi.

Lo stipendio di un maestro elementare fissato dall'edictum de pretiis di Diocleziano (301 d.C.) era di 50 denari per alunno al mese, il grammaticus guadagnava 200 denari al mese per allievo mentre il rhetor 250 denari. In età imperiale, a cominciare dai tempi di Vespasiano (69-79 d.C.) furono aperte a Roma scuole pubbliche finanziate dallo stato: Quintiliano fu il primo a tenere una cattedra d'eloquenza con stipendio statale. Ai tempi di Adriano (117-138 d.C.) in ogni città dell'impero ci sarà una scuola pubblica.

Non c'erano edifici scolastici ma si faceva lezione in qualche stanza (tabernae, pergulae) o anche all'aperto. L'arredamento della scuola era semplice: solo in qualche scuola gli scolari si riunivano intorno al maestro attorno ad una tavola, di solito il maestro stava seduto su una seggiola con spalliera (cathedra) o senza (sella), che si portavano con sé con la penna, la carta e l'inchiostro e sgabelli per i ragazzi che dovevano tenere le tavolette cerate (i quaderni di allora) sulle ginocchia.

L'anno scolastico cominciava di marzo dopo le quinquatrus, festa in onore di Minerva; vi erano delle vacanze nei giorni festivi e ogni otto giorni (nundinae), solitamente i ragazzi si riposavano durante l'estate.

L'orario scolastico era composto di sei ore. A mezzogiorno gli scolari tornavano a casa per il prandium e riprendevano le lezioni nel pomeriggio.

Spesso i maestri erano ricordati come plagosus (colui che picchiava), infatti le punizioni facevano parte del programma educativo, a volte l'unico modo per attirare l'attenzione dell'alunno e costringerlo allo studio, era spesso quello di ricorrere alle percosse. Lo strumento più utilizzato dai maestri per le punizioni era la ferula, una canna provvista di nodi di legno. Per infliggere punizioni più gravi si utilizzava la scutica, una frusta fatta di strisce di cuoio o staffile, ed ancora la virga, uno scudicio anche questo formato da un fascio di strisce di cuoio. Lo scolaro veniva appoggiato sulle spalle di un compagno, mentre un altro ne teneva ben ferme le gambe, e quindi veniva frustato. La pena oltre che dolorosa era anche umiliante, in quanto il ragazzo oltre a essere percosso veniva prima denudato davanti a tutti i presenti.

Nel mondo romano la carta non esisteva, si usava il foglio di papiro o pergamena. I fogli di papiro venivano uniti tra loro e arrotolati intorno ad un bastoncino per formare un volumen che si leggeva srotolandolo. I fogli di pergamena potevano dare origine a due diversi tipi di libro a un volumen o a un codex costituito da fogli piegati e tagliati in quattro (quaternio, da cui il nostro quaderno) uniti tra loro come i quaderni di oggi. Per scrivere si usavano inchiostri di diversi colori, il più comune era quello nero (atramentum) e ci serviva di cannucce (calamus) o di penne d'oca (penna). Volumina e codices avevano un costo molto elevato quindi per documenti di minore importanza si usavano le tavolette di legno con i bordi rialzati su cui veniva spalmato uno strato consistente di cera di colore scuro (cerae codicilli o pugilares) per scrivere si usava un bastoncino (stilus o graphium) con un'estremità a punta ed un'altra a spatola. Solo persone molto ricche potevano permettersi una biblioteca personale ben fornita e quindi essere clienti dei vari librai che riproducevano i libri servendosi di copisti. Tito Pomponio Attico fu uno fra i più famosi librai.

  La scuola nel Medioevo

Punto di riferimento per l'organizzazione della scuola nel Medioevo fu certamente la scuola romana.

Il percorso di studi di età romana (su cui si baserà quello medievale) era pressappoco questo:

  • Elementare: Dal literator e dal calculator si imparava a leggere, scrivere e far di conto.
  • Medio: Insieme al grammaticus si approfondiva lo studio della lingua latina e si imparava quella greca; si studiava la letteratura di queste due lingue e le prime nozioni di storia, geografia, fisica e astronomia.
  • Superiore: Dal rhetor si studiava eloquenza, l'arte di costruire discorsi per gli usi più vari (giudiziari e politici innanzitutto). Per far questo occorreva conoscere il diritto, la storia dell'eloquenza, la filosofia. Ciò che attualmente viene definito un corso di perfezionamento in discipline umanistiche.

Una novità rispetto al mondo antico è che chiunque poteva accedere all'istruzione elementare (anche a Roma la scuola la pagavano le famiglie). Infatti, già nell'alto Medio Evo, in tutti o quasi i Monasteri, tra le altre strutture ricettive, esisteva la scuola (destinata ai figli dei contadini perché i figli dei feudatari o delle famiglie più in vista studiavano in casa propria seguiti da precettori privati), così come nelle città esistevano di norma scuole diocesane (da cui sarebbero poi sorte le università) e spesso anche parrocchiali.

Nelle scuole dei Monasteri si poteva imparare a leggere, scrivere e far di conto; a seconda delle epoche (il Medio Evo abbraccia ben dieci secoli) e dei luoghi, ci si poteva fermare qui, oppure si potevano proseguire gli studi in diversi ambiti: farmacologia-erboristeria e medicina, musica, astronomia, logica, retorica, ecc.

Il successivo corso di studi era, sostanzialmente, quello romano ma era diversa la cultura generale degli insegnanti.

A scuola nel Medioevo tra una lezione di grammatica e una di retorica si studiavano bestiari e lapidari. Dai primi si imparava, per esempio, che le tigri si incantano davanti alla loro immagine riflessa in uno specchio (e non mancava lo studio di animali particolari, sulla cui esistenza nessuno nutriva dubbi, come draghi e ippogrifi), mentre dai secondi si estraeva quanto c'era da sapere sugli influssi che le stelle hanno su ogni singola pietra preziosa e sulle loro virtù magiche.

Ma la differenza più evidente rispetto alla cultura latina era certamente nell'interpretazione complessiva della storia e del sapere che si offriva agli studenti. Per un insegnante medievale era scontato ritenere che la storia è guidata dalla provvidenza divina e che in tutti gli scrittori, anche in quelli pagani, si può rintracciare un'anticipazione delle verità rivelate dal cristianesimo.

Questa è la ragione per cui i critici medievali interpretavano, ad esempio, la IV ecloga del poeta latino Virgilio (pagano e morto nel 19 a.C.) come una prefigurazione della venuta salvifica del Cristo.

Un'altra differenza rispetto al panorama culturale dell'istruzione odierna era data dal forte simbolismo di cui erano impregnate tutte le discipline. La realtà era ritenuta un insieme di segni della presenza di Dio e del mondo ultraterreno, non per nulla il testo più rappresentativo della cultura medievale, la Divina Commedia di Dante Alighieri non può essere compreso se non si tiene presente di continuo la dimensione dell'allegoria. Le cose non sono solo quello che appaiono ma (come il corpo contiene l'anima) contengono una realtà più profonda (la selva rappresenta il peccato, Virgilio la Ragione...).

A conclusione degli studi liberali, dal Basso Medioevo in poi, si poteva scegliere un percorso di studi universitari in qualche prestigiosa istituzione.

  La scuola nel Cinquecento

La disputa, già aperta da Poliziano e Boiardo, su armi e lettere per i nobili diventa motivo ricorrente della cultura cinque-seicentesca. Tra i tanti che l'affrontano, basti citare il Castiglione, che nel Cortegiano ne fa argomento di discussione alla corte di Urbino: e la conclusione è che, pur restando le armi il primo compito del cavaliere, tuttavia «a niun più si convenga l'esser litterato, che ad un uom di guerra» (i, 46).

Certo, non cesserà l'interesse per l'educazione fisica e per gli sport nobiliari, in particolare a Firenze il calcio, ravvivato anche dalle indagini archeologiche e dalla riscoperta della ginnastica degli antichi operata dal Mercuriale col suo De arte gymnastica del 1569 e 1573. Ne sono testimonianza gli innumerevoli trattati di equitazione e arte della scherma, le cronache delle giostre e poemi, come La caccia di Erasmo di Valvasone, dove si suggerisce pallacorda, pallone, pallamaglio, salto, corsa, palestra, lotta, equitazione e nuoto. Ma alla fine le lettere finiranno per avere il sopravvento.

Intanto, mentre i nobili si aprono alla cultura, crescono le scuole cittadine dei mercanti e si sviluppa la nuova cultura umanistica, all'interno del cristianesimo si ripresentano movimenti di riforma che l'ortodossia cattolica perseguita come eretici: e sono attivi soprattutto nel campo dell'istruzione popolare. Già nel Trecento John Wycliffe in Inghilterra, e nel Quattrocento Jan Hus e i fratelli moravi in Boe­mia si ponevano questo problema; nel Cinquecento lo affrontano con particolare impegno in Svizzera Ulrico Zwingli e Giovanni Calvino, e in Germania Martin Lutero. E anche in Italia, oltre ai Valdesi, che raccomandavano: «Enseigna lo teo fill en la timor del Signor e en la via de las costumas e de la fé», non mancano riformatori che, senza trovare (antico male nostro!) rispondenza tra le masse popolari, seppero tuttavia esplorare con grande profondità le vie del rinnovamento, come Fausto e Lelio Socini e Pietro Carnesecchi, perseguitati dalla Chiesa.

Lutero, nella lettera Ai consiglieri di tutte le città della nazione tedesca, affinché istituiscano e mantengano scuole cristiane, del 1524, dichiarava che «in due o tre anni si potrebbero istruire tutti i ragazzi in modo che a quindici o diciotto ne sappiano di più di quanto se ne sapeva prima con tutte le scuole superiori o conventi»; e proponeva che «se i genitori non possono fare a meno dei bambini per l'intera giornata, li mandino a scuola almeno per una parte del tempo». E Melantone, suo ispiratore e Praeceptor Germaniae, nel De corrigendis studiis precisava: «In una città bene ordinata c'è bisogno di scuole dove i fanciulli, che sono il semenzaio della città, siano istruiti»; e disegnava un piano di organizzazione scolastica cittadina. E anche se Erasmo da Rotterdam potrà commentare che «dove fiorisce il luteranesimo, le scuole deperiscono», in realtà proprio da questi movimenti si avrà una grande espansione dell'istruzione in Europa.

E la Chiesa cattolica cercherà di rispondere, sia con iniziative individuali, sia con interventi ufficiali. Le iniziative individuali erano cominciate presto: le guerre, con gli infiniti danni alle popolazioni, suscitavano attività di assistenza a favore dei fanciulli abbandonati o orfani. A Venezia Girolamo Emiliani (Miani) nel 1511 ne raccolse alcuni e insegnò loro lavori manuali e a leggere e scrivere; la sua attività si fuse poi a Roma con quella della Confraternita degli orfani, e fu detta dei Somaschi. Poi seguirono Gesuiti, Barnabiti, Scuole Arcimbolde, Oratoriani di Filippo Neri, Litterati e altri ordini anche di monache, come quello di sant'Angela Merici. E accanto a loro va ricordata la riflessione di singoli intellettuali cattolici, come il cardinal Sadoleto col suo De liberis recte instituendis del 1533.

Ma la massima iniziativa ufficiale si dispiegò nel Concilio di Trento (1543-1565). Preceduto da un decreto di Leone x che nel Concilio lateranense dei 1515 aveva comminato il rogo dei libri non approvati e la scomunica dei loro autori, il Concilio redasse un Index librorum prohibitorum, in cui figuravano Dante, Machiavelli, Ovidio e altri massimi ingegni. Inoltre condannò in dieci "regole" le diverse specie di libri: eretici, osceni, di geomanzia, idromanzia, aeromanzia, piromanzia, chiromanzia, necromanzia o altre forme di magia. Il che, nell'incerto confine tra scienza e magia, significò un freno alla ri­cerca scientifica: e ne faranno le spese i maggiori ingegni, da Giordano Bruno, a Tommaso Campanella, Galileo e a tanti altri, con il risultato di un deperire delle scienze in Italia in confronto al resto dell'Europa toccata dalla riforma. Quanto alle scuole, il Concilio isti­tuì dei "seminari" per l'istruzione dei chierici. Vi prevedeva l'insegnamento della grammatica, del computo ecclesiastico e «delle altre buone arti,». e soprattutto «della sacra scrittura, dei libri ecclesiastici, delle omelie dei santi, dei sacramenti e delle forme dei riti e delle cerimonie».

Così approntava i quadri di un esercito destinato a controllare, l'istruzione dei ceti privilegiati e a trascurare quella dei ceti subalterni, ai quali si riservava il catechismo: il suo reparto più forte fu l'ordine dei Gesuiti, fondato da Ignacio de Loyola nel 1534. Facendo seguito al Piano di educazione, contenuto nelle Costituzioni originarie, l'Ordine elaborò tra il 1586 e il 1599 quella Ratio studiorurn che, tenendo conto di molte esperienze protestanti, dava rigore all'organizzazione delle sue scuole. Prevedeva l'organizzazione in classi, gli orari, i programmi, la disciplina, la divisione in sei anni di studia inferiora e tre di studia superiora, nei quali apprendere grammatica, poesia, retorica e filosofia, divisa a sua volta in logica, fisica, etica, seguiti da un anno di metafisica, matematica superiore, psicologia, fisiologia, e conclusi da una repetitio generalis, da un anno di pratica di insegna­mento e infine da altri quattro anni di teologia. In questi studi la cultura classica, ormai riaffiancatasi a quella biblica, veniva «purgata ab omni obscoenitate» ad uso dei giovinetti delle scuole. Inutile dire che, così organizzate, le scuole gesuitiche, a cominciare dal Collegio romano fondato nel 1565, produssero una buona messe di uomini di cultura e di scienziati eminenti: in grado, se non altro, di contrastare per secoli le teorie di Copernico, di Galileo, di Bruno e di Newton.

Il loro predominio comportò un irrigidimento dello spirito dell'Umanesimo, intento solo alle forme linguistiche e diffidente agli aspetti culturali, e la fine delle libertà universitarie. A Bologna, sottomessa al potere pontificio, per domare gli studenti, «soliti strepitare e non lasciare leggere..., scrivere sui muri, giocare a palla», si introdussero severe restrizioni, cominciando nel 1569 con la richiesta di una professione di fede per i licenziandi, continuando nel 1609 con l'obbligo della comunione almeno due volte l'anno, e così via reprimendo. Quanto lontani i tempi dell'Authentica dei Barbarossa! Erano del resto i tempi in cui il Cardinal Legato nelle Romagne, con editti del' 1663 e 1090, comminava la scomunica alle popolane che avessero abbandonato i f'ig'li per fare le balie, ma tutelava le nobildonne che li avessero esposti «per ragioni d'honore» ; e in cui si distinguevano gli orfanotrofi per i figli di «genitori onesti» e di «genitori ignoti».

Ma come e in che misura la riforma protestante e la controriforma cattolica modificarono la realtà della scuola? Una risposta ci viene dal crescere delle satire e delle utopie, che sono l'aspetto distruttivo e costruttivo della critica dell'esistente.

La letteratura cinque-secentesca ridonda di satire scolastiche: in latino maccaronico, nell'italiano "fidenziano", suo contraltare pseudo­colto, nelle commedie. Ecco il frate Teofilo Folengo immaginare nel suo maccaronico Baldus tre diverse educazioni delle tre figure sociali, che ci ricordano quelle del Facetus. La prima è di Baldus, nobile nato tra contadini, che, mandato a scuola, apprende in tre anni a leggere

Virgilio, ma appena comincia ad annusare i poemi cavallereschi, «fecit de cuius Donati deque Perotto scartozzos ac sub prunis salcizza cosivit», e rifiuta le percosse e spezza le tavolette sulla testa del maestro (III, vv.94-120), come Eracle con Lino, l'indisciplinato scolaro delle Bacchides di Menandro-Plauto e l'Agricane del Boiardo. La seconda educazione è del chierico "Prae Iacopinus", così ignorante che bisogna insegnargli l'alfabeto, mostrandogli che l'asino quando raglia dice "a", la pecora dice "be", e i villani del suo paese chiamano i porci facendo "ce ce" (ivi). La terza educazione è quella ricevuta dallo stesso Folengo, nel personaggio di Merlin Coccai, autore del Baldus: mandato a studiare a Bologna a spese del paese, segue le lezioni del « filosofastro» Peretto (che è nientemeno che il grande Pietro Pomponazzi) e di Petro Ispano, ma adopera i loro libri per nettezzare culamen, e si mette a scrivere versi in latino maccheronico (ivi, XXII, vv. 120-132),

E dopo il latino maccheronico del Folengo, ecco l'italiano latineggiante di un autentico maestro di scuola, Fidentio Glottocrisio Ludimagistro, o Maestro di scuola dalla lingua d'oro, sotto il quale si cela il vicentino Camillo Scroffa. Tra il serio e il faceto ci parla del suo «amplissimo ludo letterario», frequentato da «cento fanciulli d'indole prestante», e ce ne descrive le giornate, col poco studio, i frequenti tumulti e l'inevitabile uso della frusta. Ecco una scena di vita scolastica, riferita da un assistente:

  La scuola durante l'Illuminismo

  La scuola nel XIX secolo

Il 1800 vive nella maggior parte dei paesi occidentali un graduale cambiamento della scuola rispetto a quella che si può definire Scuola dell'Ancien Regime, caratterizzata da:

  • impronta collegiale e privata (scuola a pagamento)
  • programmi di studio monolitici
  • due tipologie di scuole elementari: le scuole per ricchi in preparazione ai collegi e le scuole elementari con avviamento professionale.

La visione dell'educazione come fatto naturale di Rousseau non aveva pesato molto sulla società che manteneva questa forte divisione tra coloro che potevano accedere ad una scuola di buon livello e coloro che non se lo potevano permettere, relegandoli ad uno status sociale basso. La formazione dei primi stati nazionali e il maggior peso politico dei borghesi convinse la classe dirigente della necessità di offrire alla popolazione un'istruzione, quale modo per permettere la nascita di un sentimento nazionale e la condivisione dei valori della modernità. Le nuove fabbriche necessitarono sempre più di operai che fossero perlomeno in grado di leggere e scrivere e per questo si investì molto sull'istruzione pubblica. L'insegnamento di maggiore importanza in tutte le scuole fu quindi l'alfabetizzazione, in seguito, considerato il periodo storico si diede maggiore importanza all'acquisizione di una mentalità scientifica piuttosto che di conoscenze umanistiche. Il ruolo del maestro fu visto come centrale in quanto formatore di persone.

Il teorico del positivismo Auguste Comte così come il sociologo Émile Durkheim sostenevano che l'educazione dovesse portare l'individuo a condividere l'ethos della società, per consentirne il progresso e che di conseguenza dovesse essere sovraordinata a deterministica.

Di diverso avviso Herbert Spencer, il quale rifacendosi a Darwin considerava l'evoluzione come un processo evolutivo che dovesse coinvolgere il corpo (in fondo l'uomo è un animale che deve essere pronto per la guerra) e la mente (razionalità scientifica). Il filosofo britannico riteneva che i valori etici dipendessero dalla società e per questo l'educazione morale doveva rifarsi alla comprensione empirica dei propri errori. Rispetto ai pensatori francesi Spencer riteneva che l'educazione dovesse portare allo sviluppo personale della persona, secondo le sue aspettative, di conseguenza con una maggiore dose di individualismo.

  La scuola nell'epoca contemporanea

  La scuola in Francia

  Classe della scuola primaria francese.

Nel 1947 una commissione scolastica diretta dall'allora ministro Wallon, propone un sistema di scuola comprensiva. Nel 1962, la Francia perde definitivamente la sua colonia più importante: l'Algeria. Questo provoca un'immigrazione di ritorno dei cosiddetti "piedi neri", che vengono subito sfruttati come manodopera a basso costo. Non c'è quindi più lo spazio per figure professionali ambigue e non specializzate, il progetto di scuola comprensiva, di stampo generalista, fallisce. Ma si arriva al 1975, anno in cui il Ministro Haby vara una riforma che, modifica i programmi delle scuole elementari e offre maggiore elasticità ai giovani che vogliono dedicarsi alla formazione professionale.

Da sempre in Francia le scuole cattoliche, anche se di stampo laico, hanno un discreto successo (20% degli studenti), riducendo le falle del sistema scolastico francese.

L'ultima importante riforma è del 1992 ed unisce la scuola materna a quella elementare, favorendo un ingresso nella scuola fin dalla tenera età e di conseguenza una maggior facilità per le madri di continuare a lavorare. Il sistema prevede un corso elementare dai 6 agli 11 anni, una scuola media divisa in due bienni (dagli 11 ai 13 e dai 13 ai 15) e poi la scelta fondamentalmente tra un biennio tecnico/professionale ed un biennio/triennio al liceo.

  La scuola in Spagna

La fine del periodo franchista consentì un morbido passaggio ad un periodo di riforme economiche e di conseguenza anche legate all'istruzione. Nel 1970 l'obbligatorietà scolastica venne portata a 14 anni, ai quali seguivano o un liceo comprensivo (bachillerato) oppure la formazione professionale. La crisi europea legata allo shock petrolifero, colpisce anche la Spagna dal '75 all'85 facendo crescere la disoccupazione e impedendo il progresso. Nel 1990 con la "Ley Orgánica General del Sistema Educativo (LOGSE)" (Legge Organica Generale del Sistema Educativo) la scuola diventa obbligatoria e gratuita fino a 16 anni (come in Italia) e si investe molto sull'autonomia degli insegnanti e sulla possibilità di associarsi con gli studenti. Inoltre si regolamentano i rapporti tra scuola pubblica e scuola privata. In Spagna la scuola privata riveste un ruolo importante in quanto soddisfa i bisogni del 30% degli studenti. Possiamo dividere la scuola privata spagnola in due grandi tipologie:

  • centri concertados: ottengono finanziamenti dallo Stato per quanto riguarda ad esempio i libri e i contributi per gli insegnanti.
  • scuole senza finanziamenti.

Anche le scuole cattoliche hanno una grande importanza in quanto soddisfano un ulteriore 30% degli studenti, la percentuale sale a 40% se consideriamo solo la formazione professionale, in quanto in alcuni territori solo questa tipologia di scuola è diffusa.

  La scuola in Gran Bretagna

Il sistema scolastico inglese è fin dalle sue origini basato sul principio di sussidiarietà e sulla decentralizzazione delle decisioni. I Boards, istituiti a seguito dell'Education Act del 1870 la fine del '800 erano dei consigli locali che furono il motore per la nascita di un sistema scolastico nazionale.

Nel 1918 vengono istituite le LEA, gruppi locali formati da insegnanti, imprenditori, genitori, studenti con indipendenza finanziaria e formativa: la ricerca di insegnanti, la sinergia tra il mondo del lavoro e la scuola erano tutti compiti delegati a queste unità che dovevano sottostare solo ad alcune regole basilari. L'obbligo scolastico per tutti era fino a 16anni.

Nel Primo Dopoguerra il Partito Laburista si impossessa delle Sunday School, storicamente in mano agli evangelisti e responsabili del processo di alfabetizzazione (e coscientizzazione secondo alcuni storici) delle masse operaie.

Nel 1938 il governo propone un sistema tripartito: Grammar School (Licei), Technical School (Istituti Tecnici) e Modern School (Istituti Professionali) ai quali si affianca la Public School che, malgrado il nome, è la scuola privata d'élite per eccellenza.

Nel 1944 questa divisione viene confermata e l'obbligo va alzato a 16 anni.

Nel secondo dopoguerra, per iniziativa delle LEA territoriali che sostenevano che una buona educazione potesse portare al progresso dell'intera società, si propose di estendere le Grammar School a tutti gli studenti. Questi istituti però, erano in grado di rispondere a poco più del 5% della domanda. Per cui venne creata la Comprehensive School, che risponderà al 90% delle richieste.

Nel 1964 viene istituito il Ministero dell'Istruzione che fino agli anni '80 avrà il solo ruolo di coordinamento.

La crisi europea coglie impreparata la Gran Bretagna, causa la pesante mancanza di figure professionali ben definite. La scuola comprensiva per tutti aveva inaspettatamente acuito le differenze sociali: coloro che finivano il liceo e provenivano da un ceto basso non avevano mezzi per continuare gli studi, al contrario dei figli dei ricchi e si ritrovano senza vere e proprie competenze.

Il lungo governo Thatcher sviluppò una politica di accentramento del potere decisionale, aumentò il rapporto tra scuola e lavoro, realizzando scuole tecniche e professionali. L'istruzione di base rimane comunque buona per tutti.

  La scuola in Svezia

Il sistema nordico, il più progressista in Europa, è ritenuto da molti il modello ideale e il più adatto ad affrontare le nuove sfide della globalizzazione. Esso si basa su di un sistema comprensivo che vede tutti gli studenti seguire lo stesso identico percorso formativo fino a 16 anni. La scuola e l'università svedese hanno dalla loro un forte rapporto con il mondo del lavoro, soprattutto con le aziende del territorio che dettano le regole del mercato e dell'istruzione, investe molto fin dai primi anni sulla manualità, su visite all'azienda e gli stage. Vi è una forte componente di integrazione di coloro che hanno lasciato il percorso formativo per andare a lavorare, fino a 25 anni possono frequentare gli istituti assieme ai loro compagni molto più piccoli e l'ente locale si occupa di domandare periodicamente se sono interessati a continuare gli studi. Alcune aziende importanti hanno sponsorizzato degli istituti a numero chiuso in cui è possibile entrare facilitando subito l'ingresso nel mondo del lavoro. Ovviamente questo è il sistema che va per la maggiore, ma anche in Svezia, come in tutti gli altri paesi, ci sono scuole più generaliste e università non-professionalizzanti.

  La scuola in Germania

Nella scuola tedesca il percorso formativo ha tre grandi bivi: la Hauptschule (basicamente tecnica) ,la Realschule (scuola tecnica/professionale) e il Gymnasium (liceo). L'alternanza scuola/lavoro nella Realschule è coadiuvata dai sindacati e dalle aziende, consentendo un'entrata nel mondo del lavoro in modo maturo ed una buona integrazione formativa degli immigrati. Una caratteristica del sistema tedesco, che in linea di massima appare molto armonico e non crea grandi divisioni tra i due sistemi per quanto riguarda la cultura generale, è che la scelta sulla scuola da frequentare e di conseguenza sul futuro della propria vita viene fatta, nella maggior parte dei Länder, a 10 anni, quindi piuttosto presto nel confronto internazionale. Questa caratteristica è discussa da decenni, ma non è mai stata modificata sostanzialmente.

  Modelli alternativi e critici di scuola

  Note

  1. ^ Secondo l'Enciclopedia Treccani) questo nome viene attribuito "ad un'istituzione sociale responsabile dell'istruzione e della formazione attraverso un programma di studi metodicamente ordinato". (Scuola - Treccani Portale. URL consultato in data 17-11-09.)
  2. ^ Per l'Italia vedi Scuola primaria in Italia.
  3. ^ Per l'Italia vedi Scuola secondaria di primo grado in Italia e Scuola secondaria di secondo grado in Italia.
  4. ^ In Italia comprendono anche le Accademie, le Scuole Superiori (ad es. la Scuola Superiore di Sanità), i Politecnici ecc.
  5. ^ Etimologia: scuola. URL consultato in data 17-10-09.

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