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Definición y significado de gomma

Definición

definición de gomma (Wikipedia)

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Sinónimos

Ver también

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Frases

Diccionario analógico


gomma (s. f.)

latice, lattice[Hyper.]

gommare - gommoso[Dérivé]




gomma (s. f.)

gomma[Hyper.]

lapis, matita[Desc]


Wikipedia

Gomma

                   
bussola Disambiguazione – Se stai cercando altri significati del termine, vedi Gomma (disambigua).
  Componente in gomma di un telecomando

La gomma (elastomero) è un materiale caratterizzato dalla possibilità di essere allungato notevolmente e poter poi tornare rapidamente alla lunghezza iniziale (elasticità). Talvolta il termine viene utilizzato per indicare lo pneumatico che invece è un suo prodotto.

La gomma deve le sue caratteristiche elastiche al fatto di essere composta da molecole di elevatissima lunghezza (peso molecolare di alcune decine di migliaia di unità di massa atomica), le quali a riposo sono ripiegate su loro stesse, e sono capaci di distendersi se sottoposte a trazione, per poi riprendere la configurazione originaria al cessare della sollecitazione. A differenza però dei polimeri termoplastici, le macromolecole che compongono la gomma hanno un certo grado di reticolazione, ovvero le macromolecole non hanno una struttura "filiforme", ma più "intrecciata" (come una rete), e questo permette alle macromolecole di ripristinare la configurazione antecedente alla sollecitazione.

Indice

  Storia

  Una pittura azteca di un'offerta votiva di una palla in gomma

Le gomme sintetiche di più antico impiego sono il clorobutadiene (Neoprene), la gomma stirolo e la gomma nitrilica, dette anche BUNA-S e BUNA-N. Normalmente i lattici coagulati non vengono utilizzati tali e quali, ma vengono sottoposti a vulcanizzazione, che consiste in un trattamento a caldo della gomma miscelata con opportuni additivi, quali zolfo, nero-fumo, cariche inerti, plastificanti ecc, la miscela da vulcanizzare si dice mescola. Durante questa operazione si ha la reticolazione della gomma, cioè si creano legami tra le catene molecolari che ne impediscono lo scorrimento reciproco, la gomma perde così la plasticità e l'appiccicosità. Durante la vulcanizzazione il manufatto assume la forma definitiva. A seconda del tipo di oggetto che si vuole ottenere, la vulcanizzazione si effettua in stampi chiusi (stampaggio), o tra cilindri rotanti (calandratura), o in estrusori. La gomma si può trovare in commercio sotto forma di stampati, trafilati e fustellati ottenuti da fogli. Le gomme sono ampiamente utilizzate per attenuare vibrazioni (per esempio nelle ruote, nelle sospensioni e negli ammortizzatori), per guarnizioni di tenuta, per elementi di appoggio autobloccanti, tappeti antiscivolo, ecc.

  Classificazione

Vi sono attualmente in commercio due tipi di gomme: quelle naturali e quelle sintetiche.

  • Le gomme naturali, secondo la normativa UNI 7703, si ottengono coagulando il lattice ricavato da alcune piante tropicali (in particolare Hevea brasiliensis) e raccolte tramite incisione del tronco della pianta. Hanno ottime caratteristiche meccaniche, ma scarsa resistenza agli agenti atmosferici, alla temperatura ed a molti composti chimici.
  • Le gomme sintetiche vengono prodotte a partire da semplici idrocarburi generando tramite polimerizzazione lattici artificiali successivamente coagulati, sono attualmente disponibili molti elastomeri artificiali, aventi caratteristiche meccaniche e di resistenza chimica assai diversificate.

Per la classificazione degli elastomeri si fa riferimento alla DIN/ISO 1629, la quale deriva dalla ASTM D 1418-79.
Tale norma suddivide le gomme sintetiche in 5 gruppi:

  • gruppo M: polimeri che contengono catene polimeriche sature di polietilene. Fanno parte di questo gruppo: EPDM, ACM, CSM, FEPM, FFPM, FPM
  • gruppo O: polimeri che contengono atomi di ossigeno.Fanno parte di questo gruppo: CO, ECO;
  • gruppo Q: polimeri che contengono atomi di ossigeno e silicio. Fanno parte di questo gruppo: FMQ, MQ, PMQ, PVMQ, VMQ;
  • gruppo R: polimeri che contengono carbonio insaturo. Fanno parte di questo gruppo: BIIR, BR, IIR, CR, IIR, IR, NBR, SBR;
  • gruppo U: polimeri che contengono carboni, ossigeno e azoto. Fanno parte di questo gruppo: AU, EU.

  Caratteristiche dei principali elastomeri

  Polimeri e copolimeri dienici

  Polimeri dell’isoprene (gomma naturale o caucciù)

  Estrazione della gomma naturale

Lattici gommosi si possono ottenere da numerose piante: se ne contano più di trecento, tutte viventi nei territori tropicali. Quella di gran lunga più importante è Hevea brasiliensis, originaria del bacino del Rio delle Amazzoni (Parà), attualmente coltivata in tutte le regioni tropicali e sub-tropicali adatte, che da sola fornisce circa il 90% della produzione mondiale di gomma naturale.

La gomma naturale, pur avendo molte utili proprietà, presenta anche alcuni inconvenienti. Un tempo i manufatti di gomma risultavano appiccicaticci e maleodoranti, rammollivano con il caldo e indurivano con il freddo. Si cercò allora, mediante trattamenti meccanici e miscele di opportuni additivi, di render stabili le proprietà della gomma. Un primo successo si ottenne con il masticatore a cilindri concentrici di Th. Hancock che, snervando il materiale, lo rendeva plastico e idoneo ad assorbire gli additivi (1820); ci si rivolse quindi alla ricerca di metodi di lavorazione chimico-fisici delle mescole e, con solventi idonei (etere, trementina, petrolio), si giunse a ottenere soluzioni gommose relativamente stabili adatte a impermeabilizzare tessuti (Ch. MacIntosh, 1823) e a ottenere fili elastici (Th. Hancock, 1837).

La completa stabilità delle proprietà della gomma fu ottenuta nel 1839 da Charles Goodyear che inventò la vulcanizzazione , un processo mediante il quale si creano delle reticolazioni fra le catene polimeriche per riscaldamento della gomma in presenza di zolfo. Le reticolazioni aumentano la resistenza della gomma e fungono in un certo senso da "memoria" che aiuta il polimero a riprendere la forma originale dopo uno stiramento.

L'organizzazione di una piantagione di Hevea richiede notevoli capitali, sia per la vastità dei terreni necessari sia per la preparazione di questi, la semina, il trapianto delle piantine; così pure la raccolta del lattice è assai complessa e richiede l'impiego di personale specializzato.

Ciascuna pianta produce quasi 3 kg di gomma essiccata all'anno, alternando periodi di produzione a periodi di riposo.

In media su 1 ettaro si piantano tra i 250 e i 300 alberi e la relativa produzione si aggira quindi sui 500/600 chilogrammi all'anno di caucciù, ma in alcuni casi, con colture particolarmente selezionate, si possono raggiungere i 2.000 kg/ettaro.

L'estrazione del lattice si ottiene incidendo un sottile e stretto strato di corteccia lungo un tracciato per lo più a lisca di pesce, ossia con una linea centrale longitudinale e varie altre oblique a essa convergenti da ambo i lati; il lattice che cola da i diversi tagli si raccoglierà alla base del tratto verticale con un recipiente fissato al fusto.

L'operazione viene ripetuta periodicamente su ciascuna pianta, ma sempre in zone diverse, avendo cura di non ritornare sullo stesso tracciato prima di 6-7 anni.

Il lattice estratto dalle piante viene coagulato con fumi di legni resinosi per ottenere la “para”, oppure con aggiunta di acido acetico o acido formico e successivamente essiccate a caldo per ottenere il “crèpe”.

La gomma essiccata si ricava per diluizione del lattice al 15% e acidificazione con acido formico con conseguente coagulazione e precipitazione sul fondo; un successivo passaggio attraverso una calandra a cilindri rotanti le impartisce la forma di fogli lisci o crespati. Il prodotto è poi inviato all'essiccamento in stufe in presenza di fumo di legna. Negli ultimi tempi la gomma è stata immessa sul mercato anche sotto forma di balle ricavate per granulazione del coagulo, essiccamento e compressione in stampi.

La gomma essiccata, in balle, se ha subito un lungo processo di immagazzinamento che può aver indotto cristallinità, viene tagliata e riscaldata a 30 °C e quindi inviata ad un masticatore dove viene sminuzzata sia per poterla mescolare ad altre qualità di gomma sia per ridurne la viscosità che durante l'immagazzinamento può essersi eccessivamente innalzata a causa dei processi di reticolazione. Segue una fase di miscelazione, che permette di aggiungere i componenti necessari a ottenere la resilienza e la resistenza meccanica proprie della gomma: i riempitivi per diminuire il costo e impartire resistenza meccanica (nero di carbone, silicato d'alluminio); antiossidanti e antiozonanti (arilammine, fenoli, diarilammine) per ridurre l'effetto dell'invecchiamento; plastificanti (acido stearico); oli per diminuire la viscosità; composti di zolfo e acceleranti necessari per la vulcanizzazione.

Per sovravulcanizzazione si ottiene l'ebanite, sostanza rigida e fragile, assai resistente agli agenti chimici.

  Polibutadiene

  Gomma stirolo (o stirene)

Meglio note come gomme SBR (styrene-butadiene rubber). Hanno discrete caratteristiche meccaniche, sono utilizzate, per il loro basso costo, in applicazioni relativamente non impegnative in sostituzione della gomma naturale, principalmente per pneumatici.

  Gomma nitrile

Mostrano elevata resistenza all’azione degli idrocarburi alifatici (meno agli aromatici), dei solventi non polari, degli oli e dei grassi, e resistenza alla temperatura anche fino a 160 °C. Sono sensibili all’ossidazione. Le gomme nitriliche, secondo la ISO 1629, sono identificate dalla sigla NBR.

  Copolimeri butadiene-vinilpiridina

Hanno caratteristiche analoghe alle nitriliche, ma comportamento assai migliore alle basse temperature (al di sotto di – 30 °C)

  Polimeri del clorobutadiene (neoprene)

Hanno caratteristiche meccaniche leggermente inferiori a quelle della gomma naturale, ma miglior resistenza all'ossidazione, agli idrocarburi alla temperatura. Il mix di caratteristiche, pur se ciascuna in assoluto non eccellente, li rende adatti a moltissime applicazioni.

  Polimeri e copolimeri di monoolefine

  Polimeri dell'isobutilene

Il più usato è un copolimero con piccole quantità (max. 5%) di isoprene, che prende il nome di "gomma butile", le mescole basate su questo polimero hanno resistenza a trazione modesta, ma buona resistenza all'abrasione, al taglio, alla temperatura e soprattutto permeabilità ai gas particolarmente bassa, pertanto sono usate per fabbricare camere d'aria, membrane per autoclavi, isolanti per cavi ecc.

  Elastomeri da polietilene

Si usano soprattutto due famiglie di materiali:

Un polimero ottenuto per solfoclorurazione del polietilene (HYPALON), dotato di buona resistenza alla trazione, buon comportamento a freddo e a caldo, ottime resistenza all'ossidazione.

I terpolimeri butadiene-etilene-propilene (EPDM), che hanno avuto una larga diffusione in quanto, a fronte di costi contenuti, offrono discrete caratteristiche meccaniche, buona resistenza alla temperatura ed ai solventi polari e, soprattutto, insensibilità all'ossidazione.

  Elastomeri da fluoro-olefine

I composti organici altamente fluorurati sono caratterizzati da elevatissima resistenza chimica, comparabile al politetrafluoroetilene omopolimero. Tuttavia la sua elevata cristallinità lo rende più affine ad una materia plastica che a un elastomero. Alcuni copolimeri del perfluoropropene presentano discrete caratteristiche meccaniche, ottima resistenza alla temperatura (inferiore solo alle gomme siliconiche) e al creep, e soprattutto resistenza alle aggressioni chimiche e agli idrocarburi anche aromatici che non ha paragoni, la resistenza non è buona nei confronti dei solventi polari (acetone ecc). Normalmente questo tipo di gomme viene utilizzato in ambienti particolarmente aggressivi, come le atmosfere ossidanti o ricche di ossigeno. Alcuni di questi polimeri necessitano di un processo di vulcanizzazione diverso da quello termico, si usano perciò perossidi in combinazione con alcuni catalizzatori. Questo genere di polimeri è generalmente molto costoso e dedicato ad applicazioni particolari.. Storicamente il primo elastomero fluorurato è stato prodotto da DuPont. Si tratta di un terpolimero TFE HFP VDF il cui nome è Viton.

  Elastomeri acrilici

  Polimeri e copolimeri dell'acrilato di etile e dell'acrilato di butile

Hanno buona resistenza all'ossigeno e all'ozono anche a temperature elevate, e alla degradazione da raggi UV, sono utilizzati specialmente per rivestimenti e per conferire resistenza all'urto ad alcune materie plastiche.

  Polimeri dei fluoroacrilati

Hanno buona resistenza a carburanti, lubrificanti, fluidi idraulici. Sono assai costosi e utilizzati prevalentemente in applicazioni aeronautiche.

  Gomme al polisolfuro

Questi materiali (Thiokol) sono preparati per reazione tra cloruro di etilene e un polisolfuro di sodio e vulcanizzati generalmente con ossido di zinco. Hanno un'ottima resistenza agli olii ma caratteristiche meccaniche alquanto scadenti. Gli impieghi principali sono il rivestimento dei rulli da stampa, dei tubi per adduzione olio o carburante, il rivestimento dei serbatoi autosigillanti per aerei militari. Una interessante applicazione è quella degli adesivi-sigillanti bicomponenti, autovulcanizzanti a freddo, impiegati ad es. per la sigillatura dei giunti stradali.

  Gomme poliestere

Sono ottenute per copolimerizzazione tra poliesteri lineari (che hanno catene molecolari relativamente corte) e diisocianati (che legano le estremità delle catene suddette), vulcanizzando il tutto con perossidi. I materiali che si ottengono (Vulkollan, Adiprene, Vulcaprene ecc) hanno ottima resistenza alla trazione, allo strappo, all'abrasione, resistono all'aria a temperatura elevata (non quanto i fluorurati), e sono trasparenti.

I materiali Vulkollan, Adiprene, sono marchi relativi ad elastomeri poliuretanici, con polioli di varia natura, non necessariamente poliesteri. La vulcanizzazione segue una prima fase di prepolimerizzazione e non vengono utilizzati perossidi.

  Gomme siliconiche

Hanno natura diversa da quella di tutti gli altri elastomeri, in quanto, le loro molecole non sono catene di atomi di carbonio, ma di silicio e ossigeno alternati, cui si collegano gruppi laterali alchilici. La principale caratteristica è l'estrema resistenza alle temperature, infatti non si alterano fino a 250 °C e mantengono l'elasticità fino a -150 °C. Inoltre resistono ottimamente all'ossigeno e all'ozono anche a caldo. Le caratteristiche meccaniche sono limitate, la resistenza agli idrocarburi clorurati e ai solventi ossigenati è bassa. La presenza di nerofumo causerebbe lo sviluppo di gas ad alta temperatura e favorirebbe la combustione, pertanto vengono utilizzati solo rinforzanti e cariche minerali (silice, caolino, carbonato di calcio). La vulcanizzazione si esegue spesso per irraggiamento con particelle ad alta energia.

Poiché gli elastomeri siliconici presentano

  • estrema resistenza alle alte e basse temperature
  • assenza di componenti che tendano ad evaporare o rilasciare gas
  • ottime caratteristiche dielettriche
  • resistenza all'ossidazione, all'idrolisi e all'azione di molti microorganismi
  • discreta resistenza chimica
  • anallergenicità

sono utilizzati per apparecchiature medicali, protesi, giocattoli, maschere, isolanti elettrici e guarnizioni.

  Lavorazione della gomma

Il ciclo di lavorazione che porta dal polimero al prodotto finito può essere suddiviso in quattro fasi:

  1. lavorazione preparatoria del polimero, o masticazione
  2. mescola
  3. formatura
  4. vulcanizzazione

La lavorazione o masticazione ha lo scopo di rendere l'elastomero molle e plastico, abbassandone il peso molecolare, cosicché sia più facile incorporare gli additivi e le cariche. Si esegue in mescolatori chiusi a ruote dentate (Banbury), in macchine a cilindri o in estrusori (Gordon). La temperatura tende a innalzarsi e deve essere mantenuta attorno a 100-120 °C mediante raffreddamento.

La mescola si esegue nella stessa macchina, aggiungendo nell'ordine e nelle quantità prestabilite i vari additivi quali cariche, rinforzanti, stabilizzanti, protettivi, antiossidanti, plastificanti, l'agente vulcanizzante e i relativi acceleranti. Nel frattempo si procede con la masticazione per ottenere una massa omogenea.

La formatura si fa per:

Durante la calandratura o l'estrusione la temperatura viene mantenuta intorno ai 100 °C per mantenere plastico il materiale; nello stampaggio la formatura è contemporanea alla vulcanizzazione.

La vulcanizzazione consiste nel portare l'articolo a temperatura di 140-180 °C e mantenerlo per un tempo che, in dipendenza della mescola e delle dimensioni dell'articolo, può variare da 1 a 30 minuti primi.

Gli estrusi e i calandrati vengono riscaldati per azione di aria calda o di vapore surriscaldato, oppure per immersione in acqua surriscaldata o in sali fusi. In certi casi si utilizza il riscaldamento a radiofrequenza o con radiazioni ad alta energia.

Nello stampaggio si usa riscaldare lo stampo (o i piani della pressa che lo contiene) con vapore.

  Voci correlate

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  Collegamenti esterni

   
               

 

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