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Definición y significado de trovatello

Definición

definición de trovatello (Wikipedia)

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Sinónimos

trovatello (n.m.)

trovatella

Diccionario analógico

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Wikipedia

Trovatello

                   

Con il termine trovatello, o esposto, veniva indicato, specialmente in passato, il bambino abbandonato in tenera età o non riconosciuto alla nascita.

Indice

  Storia del fenomeno

L'abbandono dei neonati è un fenomeno antichissimo. Esso era ampiamente utilizzato in alcune società antiche. Per esempio, nella società dell'antica Roma il 20%-40% dei bambini veniva abbandonato, mentre nella Grecia antica la percentuale s'attestava sul 10%[senza fonte]. All'epoca i trovatelli erano raccolti dai mercanti di schiavi che, dopo averlo affidato a una balia, vendevano il bambino appena questo era in grado di lavorare.

Nel Medioevo tale fenomeno è rientrato per effetto della morale cristiana, ma ha ripreso vigore a partire dal XVI secolo[1].

Nell'Ottocento il fenomeno dei bambini esposti raggiunse proporzioni enormi. A Milano e in altre città europee sfiorò 1/3 delle nascite.[2] Secondo alcune stime, nell'Europa occidentale, negli anni attorno al 1850, sarebbero stati abbandonati più di 100.000 bambini all'anno.[3]

In Paesi cattolici, quali Italia e Francia, il fenomeno del non riconoscimento alla nascita era più rilevante che nei Paesi a prevalenza protestante, poiché, a differenza di questi ultimi, la legge garantiva il segreto della maternità ed era consentito a una donna nubile di partorire anonimamente in strutture pubbliche e lasciare il bambino presso le stesse. Tuttavia la metà circa dei figli non riconosciuti non erano illegittimi. Inoltre circa il 40% degli esposti venivano poi riconosciuti e ripresi dai loro genitori dopo il dodicesimo mese di vita, al termine del periodo di allattamento.[2] Al momento dell'abbandono infatti venivano spesso lasciati oggetti o scritti, in modo da poter riconoscere il bambino per poterlo riavere.

In Italia fino all'unità il fenomeno fu prevalente al nord, mentre sul finire del XIX secolo fu prevalente nel Mezzogiorno. Nel XX secolo il fenomeno si è ridotto rimanendo comunque di proporzioni rilevanti: negli anni cinquanta i casi di non riconoscimento alla nascita, ai quali è necessario aggiungere anche alcuni casi di abbandono successivi, erano circa 5.000 nel territorio italiano. Da allora le nascite sono diminuite circa del 39%, mentre i non riconoscimenti alla nascita del 91% arrivando circa a 400 casi ogni anno.[4]

  Il caso di Milano nell'Ottocento

Emblematico è il caso di Milano. Il fenomeno a metà Ottocento assunse grande rilevanza. Tra il 1845 e il 1864 vennero abbandonati nella Pia Casa degli Esposti e delle Partorienti in Santa Caterina alla Ruota di Milano, 85.267 bambini, con una media di 4.263 trovatelli all'anno. Si trattava del 30% circa dei bambini nati in città. Le famiglie operaie, infatti, non riuscivano a mantenere più di 4-5 figli alla volta e ogni nuova nascità era un problema per l'economia familiare, anche perché spesso le donne operaie lavoravano e non avevano molto tempo da dedicare alla cura dei bambini piccoli [2].

Questo fenomeno creò una iper-fecondità delle donne milanesi, in particolare operaie. Infatti, dati gli effetti frenanti alla fecondità creati dall'allattamento, in assenza di contraccettivi, le donne, abbandonati i figli, divenivano immediatamente pronte per una nuova gravidanza. Così le operaie milanesi, a metà Ottocento, partorirono in media 13,7 figli contro gli 8,4 della media nazionale.[5]

Questa dinamica era comune a diverse grandi città. Basti pensare che nei quartieri operai e poveri di Napoli nei primi anni ottanta dell'Ottocento si sfiorava un tasso di natalità del 50 ‰ [6] contro una natalità nazionale del 38‰ [7].

  La ruota degli esposti

  La ruota allo Spedale degli Innocenti, Firenze

Il fenomeno era molto rilevante nei secoli scorsi, tant'è che tutte le città avevano un luogo apposito dove lasciare i neonati, si trattava della ruota degli esposti. Le ruote erano collocate vicino alle chiese accanto a un portone. Il neonato veniva appoggiato nella struttura che, fatta ruotare con una breve spinta, portava il bambino dentro l'edificio. Attaccata alla ruota c'erano delle campanelle in modo che, girando la ruota, si avvisasse l'addetto alla ruota della presenza di un bambino.

La ruota degli esposti era concepita dalle famiglie povere come una forma assistenziale che veniva offerta alla società.

Da tale luogo i bambini venivano prelevati e affidati a una balia (spesso una donna che aveva appena perso un neonato) e, finito l'allattamento, erano mandati negli orfanotrofi. A volte gli orfanotrofi riuscivano a fare adottare, specie nelle campagne, i bambini.

La mortalità infantile dei trovatelli all'interno degli orfanotrofi, era elevatissima a causa del mancato allattamento con il latte materno e delle condizioni igienico-sanitarie di questi luoghi. Ad esempio, tra 1761 e il 1770 in un brefotrofio di Milano, veniva registrata una mortalità di circa il 43%. A seguito di un'ispezione ordinata dall'Imperatrice, venne riportato «angustie di luogo assai nocive alla salute di questi poveri bambini trovasi nello spedal maggiore per maniera che è necessario condensare perfino cinquanta bambini in tre sole, altronde non molto grandi, stanze e tenerveli quattro per letto».[2]

  Cognomi

Ai bambini abbandonati si davano cognomi convenzionali, con varianti da città a città. Comune era dare cognomi dal significato religioso, che proteggessero i bambini (Diotisalvi, Diotaiuti, Diotallevi, Servadio). A Napoli era tipico il cognome Esposito (esposto), a Firenze il cognome Innocenti o Degl'Innocenti. A Roma, durante il papato, era comune chiamare i trovatelli con il termine projetti, da cui deriva uno dei più comuni cognomi romani: Proietti.

  Note

  1. ^ F. Agnoli, Indagine sul cristianesimo,Piemme 2010,ISBN 8856613492
  2. ^ a b c d L'Opera Pia del Baliatico e il Pio Istituto di Maternità e dei Ricoveri
  3. ^ Gli esposti. Un rilevante fenomeno nella storia di Taino
  4. ^ In Italia ogni anno in media 400 bambini non sono riconosciuti alla nascita
  5. ^ Dato riportato nelle pagine 237 e 239 in "Storia della famiglia in Europa: Dal Cinquecento alla rivoluzione francese" di Marzio Barbagli e David I. Kertzer, Roma, GLF editori Laterza, 2002.
  6. ^ Dato riportato a pag 278 del libro: Incontri nel Medioevo, di Arsenio Frugoni, Il Mulino, Bologna, 1979.
  7. ^ Dato riportato nel paragrafo "La frustata demografica" del "Discorso dell'ascensione", fatto da Benito Mussolini in Parlamento il 26 maggio 1927.

  Voci correlate

   
               

 

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